30.1.08
Anima Grande
Padre Ottavio ne ha spesso citato con ammirazione la "satyagraha", la "fermezza nella verità": una fermezza che non può e non deve mai essere confusa con la violenza in nome della verità. La satya/verità è incompatibile con ogni forma di violenza e può essere imposta solo - diceva Gandhi - "a mani nude", ossia con la ferma e rigorosa fiducia nella forza intrinseca della verità e non dei mezzi con cui può essere imposta agli altri.
La sfida dell'anima è l'eredità del Mahatma Gandhi per il nostro mondo che ancora cerca un linguaggio e mezzi adeguati per dire e per costruire il proprio futuro. Un po' più di digiuno dalle proprie strategie e risorse e un po' più di silenzio potrebbero molto aiutarci: "sono le azioni che contano. I nostri pensieri, per quanto buoni possano essere, sono perle false fintanto che non vengono trasformati in azioni. Sii il cambiamento che vuoi vedere avvenire nel mondo".
25.1.08
«Antiqui paulatim…
[…]
Compito ancor più difficile e ingrato in una società, quale la nostra, senza radici perché senza pensiero, immersa nel sonno del consumismo e della mercificazione della cultura, e perciò aperta a violenze e ingiustizie senza precedenti, appena percepite solo perché in fondo non ci toccano, alla possibile implosione della democrazia e dello Stato di diritto. Come promuovere la fede, e servire la giustizia, anche studiano diritto romano? Personalmente, vorrei che per noi, in Gregoriana, anche lo studio della nostra storia, e del diritto romano (questo lusso che ci permettiamo) avesse questa motivazione. E così anch’io “penso che il male [cioè i tanti mali e ingiustizie che vediamo nela vita quotidiana, tra individui e Nazioni, quelle “strutture di peccato” che i Pontefici denunciano profeticamente, cioè invano] non sia un male radicale che va alle radici; penso che il male non abbia profondità e che questa sia la vera ragione per cui è così terribilmente complicato pensarlo, poiché il pensare, per definizione, vuole andare alle radici. Il male è un fenomeno di superficie. Non è radicale, è invece semplicemente estremo. Noi resistiamo al male non scivolando sulla superficie delle cose, ma fermandoci e iniziando a pensare, cioè raggiungendo una dimensione altra dell’orizzonte della vita quotidiana”. Il chi siamo, da dove veniamo, cosa desideriamo. Anche il diritto romano può contribuire a ciò.
Dire "grazie" a Padre Ottavio per queste - e altre! - riflessioni è solo un inizio... ma lo faccio volentieri.
23.1.08
qualche tempo fra le nebbie padane...
Ci vedremo allora all'inizio della Quaresima, a presto...
19.1.08
NON C'ENTRA!
Nella buriana mediatica di questi giorni, proprio mentre il Papa decideva di non andare alla Sapienza, mentre ognuno si precipitava a dare le sue personali giustificazioni, mi è balzata agli occhi una parola che rischiava di perdersi tra le altre: «Che c'entri con noi? Sei venuto a rovinarci..!» (Mc 1,24, nella lettura evangelica di martedì scorso).
Come se le esigenze del Vangelo fossero un “troppo” con cui – appunto – non si vuol avere a che fare: è il veleno del serpente antico, che ogni tanto si fa sentire, così da far dire: Io con Dio non c'entro o, peggio: Dio non c'entra!. E allora c'è chi fugge dalla presenza del Signore (come fa il demonio).
Ma c'è anche chi «si alza e va a presentarsi al Signore» (1Sam 1,9, lettura di martedì) per dirgli: Tu c'entri con me e io c'entro con te.
Ora, non voglio entrare nella buriana di cui sopra ma a livello personale...
È una sfida a cui, continuamente, sono messo di fronte: accettare – e amare – l'idea che Dio c'entra con quello che vivo e, per questo, mi accompagna misteriosamente ma realmente in tutto ciò che vivo. Questo non significa che Egli risolva i miei problemi e i miei dubbi, ma mi permette di guardarli e di affrontarli non da solo, non più prigioniero di me stesso e dei miei preconcetti. Non mi evita la fatica di vivere e di cercare, né il peso del mio personale combattimento contro la mediocrità. Mi libera dalla rabbia di pensare che Lui “mi voglia male”. Questo, mi basta.