11.11.07

Un week-end in bilico

In bilico tra Roma e Crema:

venerdì sera, pizza con don Maurizio, chiacchierata e passeggiata digestiva;
ieri sera, bucatini con don Angelo, chiacchierata e passeggiata digestivissima (da via Merulana siamo arrivati fino al Palazzo della Cancelleria..);
oggi pomeriggio (domenica) con Padre Giovanni ennesima passeggiata con chiacchierata annessa fino a Piazza San Giovanni..

Davvero un fine settimana interessante e ricco di incontri e gossip.. Poi è ovvio che i confratelli romani mi dicano che ho un'aria malinconica: tutto questo parlar di casa...

Buona settimana.

7.11.07

LEZIONI ED E-LEZIONI

Niente di nuovo sul fronte scolastico: è passato un mese dall’inizio dei corsi, siamo ormai entrati in un andamento normale e abbastanza tranquillo. Argomento principale dei corsi del primo “semestre”: le Norme generali (Libro I, seconda parte) e la Costituzione Gerarchica della Chiesa (Libro II, seconda parte). Unico docente “nuovo” – per ora – è quello del corso di Latino 2° livello. Di esami non se ne parla fino alla fine di Gennaio 2008, per cui la vita è davvero tranquilla…

… se non fosse per quelle E-lezioni: ieri gli studenti del secondo ciclo hanno eletto i due rappresentanti degli alunni nel Consiglio di Facoltà. Ho scoperto di avere alle spalle un elettorato notevole! Come direbbe un Cardinale incontrato lunedì sera: «MAI avrei pensato…!». Vabbè, se si fidano…

Intanto stanotte il Decano ha già inviato per e-mail l’invito e l’Ordine del Giorno della prima riunione del Consiglio: accidenti, che tempismo!

Uhm, sto accumulando titoli: sarà mica l’aria di Roma?

1.11.07

PESSIMISMO

Stamattina, arrivando a Rebibbia per la Messa di Tutti i Santi, ho appreso che Giuseppe è evaso, sfruttando un permesso di sei giorni presso la sua famiglia a Torino e non presentandosi al rientro.

Uno può alzare le spalle e dire a se stesso: «Sei a Rebibbia, cosa pretendi..?». Oppure: «A cinquant’anni suonati, se quello là non ha cervello tu cosa puoi fare?».

Ma io ho dato a Giuseppe molto: molto tempo per ascoltarlo, molte parole per confortarlo, qualche consiglio affinchè non perdesse la fiducia in se stesso o nel sistema; gli ho dato il mio numero di telefono affinché sapesse di avere un appoggio, ho mandato per lui una lettera in cui mi esponevo nel chiedere a molte persone di guardarsi attorno per dargli una mano nel reinserimento; l’ho aspettato alla Stazione Termini per salutarlo prima che partisse per Torino.. abbraccio e promessa di tenersi in contatto e tutto il resto, come si fa tra amici.

Non mi aspettavo niente da lui in cambio, se non che completasse il suo cammino di espiazione della pena (gli mancavano pochi mesi, dopo più di dodici anni senza uscire mai nemmeno per un giorno). Ma, ugualmente, è stato un duro colpo da assorbire.

Ora, Signore: «Beati i miti... Beati i misericordiosi… Beati gli operatori di pace…». OK, ci sto e raccolgo la tua provocazione. Ma permetti, buon Gesù, che sia un poco amareggiato..?

8.10.07

Lunedì 8 ottobre

In un piccolo semplice sussidio per la Messa quotidiana trovo una riflessione che mi ha fatto nascere un sorriso ma anche una buona profonda riflessione.
Ve ne propongo una parte, tanto simpatica quanto vera.

[letture: Giona e il suo "ammaraggio" - il buon samaritano]

[il grosso pesce di Giona e il samaritano] dimostrano di avere una “compassione” (Lc 10,37) che né “i marinai impauriti” (Gio 1,5) né “il sacerdote” (Lc 10,31) né tantomeno “il levita” (Lc 10,32) sono in grado di manifestare perché troppo presi dal conservare la propria vita e, nel caso citato dal Signore Gesù, di non mettere a rischio la propria purità rituale.

Invece la buona balena e il buon samaritano sanno interrompere per un momento il loro cammino e prendersi “cura di lui” (Lc 10,35). Sia la balena che il samaritano, in realtà, non cambiano la loro vita poiché la prima “dopo tre giorni e tre notti” (Gio 2,11) si sbarazza del peso forse un po’ indigesto di Giona; il samaritano, già “il giorno seguente” (Lc 10,35) riprende la sua strada. Ma se né la balena né il samaritano hnno cambiato la loro vita, sia la prima che il secondo – con la loro disponibilità a perdere un po’ di tempo – hanno letteralmente salvato la vita di Giona e di quell’uomo che “scendeva da Gerusalemme a Gerico e incappò nei briganti che lo spogliarono, lo percossero e poi se ne andarono, lasciandolo mezzo morto” (Lc 10,30).

Un modo eccellente per indicare cosa succede a Giona mentre “lo gettarono in mare” (Gio 1,15) in caduta libera verso “l’abisso, nel cuore del mare” (Gio 2,4). E chi di noi, proprio e solo a motivo della condizione umana, non è sempre in cammino verso una strada che scende, talvolta in modo terribile fino a sentire “venir meno la vita” (Gio 2,8)?

Nella misura in cui riconosciamo di scendere “per quella medesima strada” (Lc 10,31) non potremo che farci vicini, farci “prossimo” (Lc 10,36) per “fasciare le ferite” (Lc 10,33) dell’altro e, proprio mentre lo stiamo facendo, sentire che un balsamo si effonde sulle ferite che portiamo dentro di noi e nel nostro cuore. Non è poi così difficile “ereditare la vita eterna” (Lc 10,25)! Basta osservare “la Legge” (Lc 10,26) della vita a cui siamo sottomessi tutti quanti: “Abbi cura di lui” (Lc 10,35). Ogni volta che ci prendiamo cura, in realtà, non facciamo altro che essere fedeli al nostro cuore e, immancabilmente, ci prendiamo cura anche di noi stessi. Il Signore Gesù ce ne ha dato l’esempio e ce ne dà pure il comando: “Va’ e anche tu fa lo stesso” (Lc 10,37)… in una parola: sii una buona e simpatica balena e non uno squalo.

Domenica 7 ottobre

La prima lettura della domenica appena vissuta:

Silenzio di Dio e sgomento dell’uomo. Violenza del mondo e apparente inattività di Dio.
Un grido. Una risposta: Scrivi! Incidi! Parole che rimangano scolpite e chiare per sempre! Vere oggi e mai false.
Il nostro Dio si rivela, agisce con mano potente, parla con voce forte e, spesso, con parole taglienti.
Ma, anche, tace.
Non è che faccia silenzio lui. Forse siamo noi non in grado di percepire la sua voce, non sintonizzati sulla sua lunghezza d’onda. E, forse, a volte è meglio così: lasciando uscire la voce del nostro cuore possiamo imparare meglio chi siamo veramente, senza continuamente nasconderci a noi stessi. Se ne nasce paura e sgomento, meglio. Vuol dire che anche nel suo apparente silenzio, Dio ci sta e-ducando, ci sta traendo-fuori dalla nostra miseria/povertà.

«Padre celeste!
In molti modi tu parli a un uomo: Tu, l’unico che hai sapienza e intelligenza, vuoi tuttavia renderti comprensibile a lui.
Tu parli anche quando taci: perché parla anche colui che tace, per provare l’amato; parla anche colui che tace, affinché l’ora del capire sia tanto più intima quando essa verrà.
Padre celeste, non è forse così?
Oh, quando tutto tace, quando un uomo se ne sta solo e abbandonato e più non sente la tua voce, allora forse per lui è come se la separazione dovesse essere eterna.
Oh, nel tempo del silenzio, quando un uomo languisce nel deserto e non sente la tua voce: allora è forse per lui come se essa fosse quasi del tutto svanita.
Padre celeste, è ben questo il momento del silenzio, dei confidenziali colloqui.
Così, fa’ che sia benedetto anche questo tuo silenzio come ogni parola che rivolgi all’uomo; che egli non dimentichi che tu parli anche quando taci.
Donagli, mentre è in attesa di te, la consolazione di capire che tu taci per amore, così come parli per amore; di modo che, sia che tu taccia o parli, sei sempre il medesimo Padre, sia che ci guidi con la tua voce o ci educhi col tuo silenzio.»

S. Kierkegaard

6.10.07

CONVER-tire – CONVER-gere

Due parole quasi identiche, eppure..

Convertire mi rilancia l’immagine di un cambiamento totale di rotta, una richiesta di “puntare da tutt’altra parte”, dare una svolta decisa e decisiva, quasi un allontanarmi da un me falso, falsificato da scelte sbagliate.

Convergere, invece, mi pare un movimento contrario: rientrare in me, tornare al centro, al nocciolo, là dove la mia vita ritrova unità e coesione. Ma se questo centro/nocciolo fosse solo uno dei tanti idoli (intangibili e mortiferi) che ho accumulato dentro di me? Se non riuscissi davvero a trovare una verità attorno alla quale fare unità della mia vita? Oppure: se questo centro fossi solo e semplicemente io (il mio orgoglio, egoismo, protagonismo)?

Allora “mi converto” e “convergo” diventano le due strade che mi portano – assieme! – alla verità: fare marcia indietro dalle perverse inclinazioni del cuore (Bar 1,22) e orientarmi a ciò cui la bussola del cuore orienta e spinge (chi ascolta voi ascolta me, chi disprezza voi disprezza me; Lc 10,16).

3.10.07

STABILITA'

"Ti seguirò dovunque tu vada": è nel Vangelo di oggi.

Strano, però, perchè camminare con/accanto a Gesù non pare tanto una questione di luoghi, di "dove" quanto di disposizione, di decisione, di "come". Sarebbe meglio, allora: "Ti seguirò comunque tu vada".
La stabilità della sequela non è data da un luogo: perchè il buon Dio a volte si diverte a sconvolgerti i piani, ti fa imboccare strade che mai avresti pensato, ti porta in luoghi che tu non immagini.
La stabilità è data da un modo: il modo del discepolo che sta con Lui com-unque (non semplicemente dov-unque), a qualunque costo e in qualunque condizione.
Così anche il cuore impara una stabilità, una fermezza e una serenità: perchè "dovunque" sarà sempre "a casa".

2.10.07

angeli custodi..

CUSTODI
richiama l'impegno di "custodire", preservare, proteggere, difendere... anche rinchiudere? Perchè - per custodire qualcosa - occorre anche trattenerlo, nasconderlo, metterlo in cassaforte.
Però le letture suggeriscono che è una custodia per la libertà. Come conciliare il custodire con il lasciare libero? Curioso contrasto, intrigante provocazione, interessanti sviluppi.

Uno degli approfondimenti potrebbe essere riguardo al mio modo di vivere/sperimentare le relazioni con le persone.
La tentazione sarebbe quella di custodire le persone che mi sono care: tenerle a portata di mano, trat-tenerle, dominarle.. possederle. In nome di una custodia, di una malintesa affezione, di un nascosto latente egoismo in fondo.
Ma la libertà da salvaguardare mi porta a guardare oltre questa tentazione, a considerare la custodia in un modo altro (divino, evangelico). Per la libertà mia, prima di tutto: libertà del pastore/padre/custode dalla smania di possedere, gestire le persone affidate come se fossero cose o oggetti; trattenere con gelosia nomi, volti e storie come se fossero possedimenti personali, e non doni del Signore. Per la libertà altrui: libertà di essere chi si è veramente e non chi io ritenga meglio; libertà di seguire ognuno la propria vocazione senza condizionamenti..

1.10.07

in Russia e ritorno






Nemmeno lontanamente posso pensare di descrivere quello che ho visto in pochi giorni (ed è solo una minima parte della Grande Santa Russia): consiglio spassionatamente di farsi regalare da qualche benefattore un viaggio fin là per vedere di persona!



Provo lo stesso, però, a mettere giù qualche riga..

San Pietroburgo? Più di cinque milioni di abitanti, attraversata da un fiume (Neva) che prima di sfociare nel Golfo di Finlandia si suddivide in una miriade di canali, rendendo la città un reticolo di cento isole collegate da settecento ponti e ponticelli..

Capitale della Russia degli zar, punto d’incontro tra Oriente ed Occidente, custode di memorie gloriose, di ricchezze inestimabili (basta pensare a ciò che c’è nel solo Hermitage), doveva essere la finestra sull’Europa ma fu anche il punto di partenza della Rivoluzione d’Ottobre e della Rivoluzione del 1917.

Per un povero prete abituato alle distanze e agli spazi urbanistici standard della pianura padana, l’impatto è stato da togliere il fiato: in una qualsiasi delle piazze di San Pietroburgo ci starebbe comodamente tutto Casale Cremasco comprese le cascine…

Toglie il fiato anche l’impatto con l’atmosfera russa: onnipresente l’odore di cherosene, degli scappamenti di automobili anzianotte e malridotte, incolonnate in un traffico così caotico che a Roma non se lo sognano neanche.




Annoto (fra le tantissime cose che ricordo) una sola esperienza.

Una periferia anonima e quasi “normale”, un mattino piuttosto uggioso e freddo, la chiesa di una delle due sole parrocchie cattoliche in tutta la città, due frati francescani italiani che devono seguire anche altre attività fuori città (che per loro significa un centinaio abbondante di chilometri fuori città!).

La chiesa è bruttina ma sembra comunque una chiesa: entro nel portone e c’è una portineria; percorro un corridoio con diverse porte chiuse però, immagino, alla fine entrerò in una qualche navata; invece c’è una rampa di scale e, sopra, altre scale e altre porte.. quella che dall’esterno è una chiesa, all’interno è un condominio!

Concelebro la Messa nella vera chiesa, al quarto piano, un loft nemmeno tanto grande: pochi metri sopra di me la crociera della volta centrale è decorata con una semplice piatta croce di lampadine. Non ci sono gli ori e i colori solenni di ogni altra chiesa della città, ma solo una tempera grigia uniforme, con qualche tubo dipinto di azzurro che buca e attraversa i muri lisci. Non c’è il profumo dell’incenso ma l’odore stantio e un po’ scostante di ambienti chiusi e vecchi. Non ci sono marmi e stucchi ma intonaco liscio e uniforme e legno grezzo come pavimento. Ma l’intensità con cui ho vissuto quella celebrazione non ha paragone. Posso solo immaginare cosa sia avvenuto dentro e fuori quei muri (i frati ne hanno dato alcune immagini, da rabbrividire); quanto sia costato ai cristiani cattolici e ortodossi riconquistare i loro spazi sacri, resi ancora più sacri dal sangue versato nelle persecuzioni; quanto costi ancora oggi…

Troppe parole: non sono sociologo e capisco di non potermi addentrare in questi argomenti. Ma lì ho capito - più che altrove - cosa significhi veramente Corpo spezzato e Sangue versato.

Mosca? Quasi undici milioni di abitanti, sessanta teatri, quattromila biblioteche, cento musei… la collina del Cremlino, cuore della città, da cui partono a raggiera viali amplissimi che puntano in ogni direzione a loro volta collegati da un anello stradale, cerchio quasi perfetto composto da sedici corsie in pieno centro, quindici linee di metropolitana e non so quante fermate… i cosiddetti Grattacieli di Lenin, ognuno dei quali (800 appartamenti) può contenere tutta la gente di San Benedetto…

Ogni cosa a Mosca è così dilatata che non trovo parole adeguate per descrivere ciò che riesco a ricordare.

Il silenzio d’altronde è l’unico modo per gustare la santa e ortodossa Russia, quella delle cupole d’oro e dei monasteri, delle icone antichissime e bellissime custodite

nelle iconostasi o nei musei. Come fare a descrivere meraviglia, ammirazione e smarrimento tutto insieme? (ah, la Cattedrale dell’Assunzione del Cremlino…!)

È un’esperienza inquietante, nella grandezza e magnificenza del passato regime, nei contrasti a volte anche stridenti che passano davanti agli occhi… non per nulla il motivo più fischiettato tra noi era quello del film “Il compagno don Camillo” e la battuta più usata rispecchiava le parole di Peppone e dei suoi alle prese con il “punto x del programma, il prossimo è..”.

Ma è assolutamente da provare!

13.9.07

Back to school

Tra la poca posta che mi attende sulla scrivania “romana” trovo un libretto dedicato al ricordo di don Luigi Missaglia, a un anno dalla sua improvvisa scomparsa. Nell’Ouverture trovo e quoto questa frase di Don Tullio Citrini:

“Non possiamo fare a meno di vivere di progetti e di speranze. Senza di essi non valorizzeremmo con amore la creatività con cui il Signore ci ha dotati. Ma il senso ultimo del nostro vivere non ha il volto del progetto ma quello della vocazione: ogni nostro progetto è bello ultimamente perché trova la sua verità nel dialogo per il quale siamo interpellati da Dio. «Vocazione» è la parola che riassume la nostra vita nell’obbedienza e nella pace. Ben lo aveva capito papa Giovanni, che di queste due parole, obbedienza e pace, aveva fatto il motto per il suo stemma.”

Più sereno (assai più sereno!) rispetto ad un anno fa, riprendo il cammino di studi, consapevole (e, per questo, grato) di aver ricevuto molto da tutti coloro che ho incontrato nella stagione estiva, amici antichi e nuovi di ogni età.

Riapro il blog… per richiuderlo subito: sarò lontano da Roma fino al 29 settembre, anche se con una breve pausa intermedia. Nel frattempo, grazie per la visita e per l’amicizia.

A presto!

14.6.07

un sms per tutti

FINITO! Anche l'esame finale!
12 esami in più o meno otto mesi, sono quasi orgoglioso...
Ma è grazie a chi mi è stato vicino con amicizia sincera che oggi posso versare lacrime di gioia

magari vi sembra una sdolcinatura inopportuna... però è vera.
Oggi pomeriggio, dopo aver riguardato gli argomenti sui quali versava lo scritto di stamattina, mi sono fermato a pensare a ciò che ho vissuto dal 14 settembre ad oggi. Non ho potuto trattenere lacrime di gioia.
Un po' perchè mi sono ricordato dei vostri sms alla partenza (e, accidenti, me li sono anche riletti tutti, visto che li ho salvati sul cellulare!); soprattutto le parole del Vescovo Oscar che mi hanno accompagnato ogni giorno (ah, lo Spirito Santo...), e la condivisione di un affetto sincero da parte di tutti.
Poi ho fatto scorrere dentro di me volti, tanti volti:
la cinquantina abbondante di preti con i quali vivo gomito a gomito da diversi mesi (quanti motivi per ringraziare, stasera comincio, uno ad uno!),
la novantina di colleghi di studio alla Gregoriana (che spettacolo di persone e di nazioni! Mariela, grazie zia! Brendan, grazie zio!),
i 160 che vivono a Rebibbia G8 assieme al personale (spaccato di umanità ferita ma assetata di attenzione e condivisione), e i cappellani che mi hanno accompagnato nella scoperta e nel ministero dell'ascolto,
tutti quelli che da Crema e zone limitrofe, Como, Concordia Sagittaria.. mi hanno seguito silenziosamente ma sinceramente.

Come fai a non piangere di fronte a tanto ben di Dio?

A presto...

16.1.07

dilla a rebibbia che ti spaccano tutto..

quoto da MsnMessenger:

è meglio fare una cosa della quale nn sei convinto che nn farla ed avere rimpianti per tutta la vita
fa mega paura, no....
:D:D:D
dilla a rebibbia che ti spaccano tutto

e poi scopro questa altra citazione:

George Gray

Molte volte ho studiato
la lapide che mi hanno scolpito:
una barca con vele ammainate, in un porto.
In realtà non è, questa, la mia destinazione
ma la mia vita.
Perché l’amore mi si offrì e io mi ritrassi dal suo inganno;
il dolore bussò alla mia porta, e io ebbi paura;
l’ambizione mi chiamò, ma io temetti gli imprevisti.
Malgrado tutto avevo fame di un significato nella vita.
E adesso so che bisogna alzare le vele
e prendere i venti del destino,
dovunque spingano la barca.
Dare un senso alla vita può condurre a follia
ma una vita senza senso è la tortura
dell’inquietudine e del vano desiderio –
È una barca che anela al mare eppure lo teme.

E.L. Masters, Antologia di Spoon River

Come a dire: fidati di me e spiega le vele, sennò alla fine scoprirai che sono inservibili..

13.1.07

CHE NE HAI FATTO DEL TUO BATTESIMO?

Tormentone irrinunciabile, di questi tempi, a Crema.

Domanda stringente che viene da una persona cui devo molto in questa fase della mia vita, non ultimo il coraggio di fare scelte “altre” rispetto alla normalità dell’esistenza e nonostante riserve ed esitazioni.

Cito:

Noi crediamo e ci fidiamo totalmente
di Gesù di Nazareth,
crocifisso e risorto,
vivente oggi nella sua Chiesa.

Egli è il Figlio di Dio fatto uomo
che ci ha rivelato il volto di Dio e con la sua vita, pienamente umana
ci ha detto chi è davvero l’uomo,
il senso dell’esistenza,
di tutta la storia dei popoli
e dell’universo.
Egli conosce la nostra storia personale: la mia e la tua.

Fidati anche tu:
La fede in Cristo cambia la vita.

[Nella colonna di destra il link al .pdf da leggere o scaricare]

Ascolto che sana

“Si ascolta con tutta la persona. Si ascolta con l’udito, raccogliendo le parole, ponti costruiti per unire le rive che ci separano, e raccogliendo i silenzi, quelli che a volte gridano con il loro scomodo fragore perché sanno di solitudine, ingiustizia e agonia di persone e di paesi interi.”

Un libretto, messo quasi per caso tra le “cose da portare a Roma, ché non si sa mai”, riapre la riflessione sull’ascolto, oggi che torno a Rebibbia dopo tre settimane, e reimmette il mio ministero in questa dimensione quotidiana e feriale ma tanto vera. Non ho dimenticato, stando a Crema, i volti, le parole e gli sguardi di chi ho incontrato nei primi tre mesi di “galera”, così come non potrò dimenticare, a Roma, tutti coloro che mi sono venuti incontro nel tempo delle feste.

“Ascoltate, oggi, la sua voce!” (Sal 94): solo che questo salmo viene proposto dalla Liturgia come prima parola da pronunciare nella preghiera e nella vita quotidiana…ogni santo giorno. Ogni giorno diventa l’oggi in cui Dio mi parla, ogni oggi vengo invitato a vivere nell’ascolto e ad ascoltare per vivere degnamente.