Ve ne propongo una parte, tanto simpatica quanto vera.
[letture: Giona e il suo "ammaraggio" - il buon samaritano]
[il grosso pesce di Giona e il samaritano] dimostrano di avere una “compassione” (Lc 10,37) che né “i marinai impauriti” (Gio 1,5) né “il sacerdote” (Lc 10,31) né tantomeno “il levita” (Lc 10,32) sono in grado di manifestare perché troppo presi dal conservare la propria vita e, nel caso citato dal Signore Gesù, di non mettere a rischio la propria purità rituale.
Invece la buona balena e il buon samaritano sanno interrompere per un momento il loro cammino e prendersi “cura di lui” (Lc 10,35). Sia la balena che il samaritano, in realtà, non cambiano la loro vita poiché la prima “dopo tre giorni e tre notti” (Gio 2,11) si sbarazza del peso forse un po’ indigesto di Giona; il samaritano, già “il giorno seguente” (Lc 10,35) riprende la sua strada. Ma se né la balena né il samaritano hnno cambiato la loro vita, sia la prima che il secondo – con la loro disponibilità a perdere un po’ di tempo – hanno letteralmente salvato la vita di Giona e di quell’uomo che “scendeva da Gerusalemme a Gerico e incappò nei briganti che lo spogliarono, lo percossero e poi se ne andarono, lasciandolo mezzo morto” (Lc 10,30).
Un modo eccellente per indicare cosa succede a Giona mentre “lo gettarono in mare” (Gio 1,15) in caduta libera verso “l’abisso, nel cuore del mare” (Gio 2,4). E chi di noi, proprio e solo a motivo della condizione umana, non è sempre in cammino verso una strada che scende, talvolta in modo terribile fino a sentire “venir meno la vita” (Gio 2,8)?
Nella misura in cui riconosciamo di scendere “per quella medesima strada” (Lc 10,31) non potremo che farci vicini, farci “prossimo” (Lc 10,36) per “fasciare le ferite” (Lc 10,33) dell’altro e, proprio mentre lo stiamo facendo, sentire che un balsamo si effonde sulle ferite che portiamo dentro di noi e nel nostro cuore. Non è poi così difficile “ereditare la vita eterna” (Lc 10,25)! Basta osservare “la Legge” (Lc 10,26) della vita a cui siamo sottomessi tutti quanti: “Abbi cura di lui” (Lc 10,35). Ogni volta che ci prendiamo cura, in realtà, non facciamo altro che essere fedeli al nostro cuore e, immancabilmente, ci prendiamo cura anche di noi stessi. Il Signore Gesù ce ne ha dato l’esempio e ce ne dà pure il comando: “Va’ e anche tu fa lo stesso” (Lc 10,37)… in una parola: sii una buona e simpatica balena e non uno squalo.