8.10.07

Lunedì 8 ottobre

In un piccolo semplice sussidio per la Messa quotidiana trovo una riflessione che mi ha fatto nascere un sorriso ma anche una buona profonda riflessione.
Ve ne propongo una parte, tanto simpatica quanto vera.

[letture: Giona e il suo "ammaraggio" - il buon samaritano]

[il grosso pesce di Giona e il samaritano] dimostrano di avere una “compassione” (Lc 10,37) che né “i marinai impauriti” (Gio 1,5) né “il sacerdote” (Lc 10,31) né tantomeno “il levita” (Lc 10,32) sono in grado di manifestare perché troppo presi dal conservare la propria vita e, nel caso citato dal Signore Gesù, di non mettere a rischio la propria purità rituale.

Invece la buona balena e il buon samaritano sanno interrompere per un momento il loro cammino e prendersi “cura di lui” (Lc 10,35). Sia la balena che il samaritano, in realtà, non cambiano la loro vita poiché la prima “dopo tre giorni e tre notti” (Gio 2,11) si sbarazza del peso forse un po’ indigesto di Giona; il samaritano, già “il giorno seguente” (Lc 10,35) riprende la sua strada. Ma se né la balena né il samaritano hnno cambiato la loro vita, sia la prima che il secondo – con la loro disponibilità a perdere un po’ di tempo – hanno letteralmente salvato la vita di Giona e di quell’uomo che “scendeva da Gerusalemme a Gerico e incappò nei briganti che lo spogliarono, lo percossero e poi se ne andarono, lasciandolo mezzo morto” (Lc 10,30).

Un modo eccellente per indicare cosa succede a Giona mentre “lo gettarono in mare” (Gio 1,15) in caduta libera verso “l’abisso, nel cuore del mare” (Gio 2,4). E chi di noi, proprio e solo a motivo della condizione umana, non è sempre in cammino verso una strada che scende, talvolta in modo terribile fino a sentire “venir meno la vita” (Gio 2,8)?

Nella misura in cui riconosciamo di scendere “per quella medesima strada” (Lc 10,31) non potremo che farci vicini, farci “prossimo” (Lc 10,36) per “fasciare le ferite” (Lc 10,33) dell’altro e, proprio mentre lo stiamo facendo, sentire che un balsamo si effonde sulle ferite che portiamo dentro di noi e nel nostro cuore. Non è poi così difficile “ereditare la vita eterna” (Lc 10,25)! Basta osservare “la Legge” (Lc 10,26) della vita a cui siamo sottomessi tutti quanti: “Abbi cura di lui” (Lc 10,35). Ogni volta che ci prendiamo cura, in realtà, non facciamo altro che essere fedeli al nostro cuore e, immancabilmente, ci prendiamo cura anche di noi stessi. Il Signore Gesù ce ne ha dato l’esempio e ce ne dà pure il comando: “Va’ e anche tu fa lo stesso” (Lc 10,37)… in una parola: sii una buona e simpatica balena e non uno squalo.

Domenica 7 ottobre

La prima lettura della domenica appena vissuta:

Silenzio di Dio e sgomento dell’uomo. Violenza del mondo e apparente inattività di Dio.
Un grido. Una risposta: Scrivi! Incidi! Parole che rimangano scolpite e chiare per sempre! Vere oggi e mai false.
Il nostro Dio si rivela, agisce con mano potente, parla con voce forte e, spesso, con parole taglienti.
Ma, anche, tace.
Non è che faccia silenzio lui. Forse siamo noi non in grado di percepire la sua voce, non sintonizzati sulla sua lunghezza d’onda. E, forse, a volte è meglio così: lasciando uscire la voce del nostro cuore possiamo imparare meglio chi siamo veramente, senza continuamente nasconderci a noi stessi. Se ne nasce paura e sgomento, meglio. Vuol dire che anche nel suo apparente silenzio, Dio ci sta e-ducando, ci sta traendo-fuori dalla nostra miseria/povertà.

«Padre celeste!
In molti modi tu parli a un uomo: Tu, l’unico che hai sapienza e intelligenza, vuoi tuttavia renderti comprensibile a lui.
Tu parli anche quando taci: perché parla anche colui che tace, per provare l’amato; parla anche colui che tace, affinché l’ora del capire sia tanto più intima quando essa verrà.
Padre celeste, non è forse così?
Oh, quando tutto tace, quando un uomo se ne sta solo e abbandonato e più non sente la tua voce, allora forse per lui è come se la separazione dovesse essere eterna.
Oh, nel tempo del silenzio, quando un uomo languisce nel deserto e non sente la tua voce: allora è forse per lui come se essa fosse quasi del tutto svanita.
Padre celeste, è ben questo il momento del silenzio, dei confidenziali colloqui.
Così, fa’ che sia benedetto anche questo tuo silenzio come ogni parola che rivolgi all’uomo; che egli non dimentichi che tu parli anche quando taci.
Donagli, mentre è in attesa di te, la consolazione di capire che tu taci per amore, così come parli per amore; di modo che, sia che tu taccia o parli, sei sempre il medesimo Padre, sia che ci guidi con la tua voce o ci educhi col tuo silenzio.»

S. Kierkegaard

6.10.07

CONVER-tire – CONVER-gere

Due parole quasi identiche, eppure..

Convertire mi rilancia l’immagine di un cambiamento totale di rotta, una richiesta di “puntare da tutt’altra parte”, dare una svolta decisa e decisiva, quasi un allontanarmi da un me falso, falsificato da scelte sbagliate.

Convergere, invece, mi pare un movimento contrario: rientrare in me, tornare al centro, al nocciolo, là dove la mia vita ritrova unità e coesione. Ma se questo centro/nocciolo fosse solo uno dei tanti idoli (intangibili e mortiferi) che ho accumulato dentro di me? Se non riuscissi davvero a trovare una verità attorno alla quale fare unità della mia vita? Oppure: se questo centro fossi solo e semplicemente io (il mio orgoglio, egoismo, protagonismo)?

Allora “mi converto” e “convergo” diventano le due strade che mi portano – assieme! – alla verità: fare marcia indietro dalle perverse inclinazioni del cuore (Bar 1,22) e orientarmi a ciò cui la bussola del cuore orienta e spinge (chi ascolta voi ascolta me, chi disprezza voi disprezza me; Lc 10,16).

3.10.07

STABILITA'

"Ti seguirò dovunque tu vada": è nel Vangelo di oggi.

Strano, però, perchè camminare con/accanto a Gesù non pare tanto una questione di luoghi, di "dove" quanto di disposizione, di decisione, di "come". Sarebbe meglio, allora: "Ti seguirò comunque tu vada".
La stabilità della sequela non è data da un luogo: perchè il buon Dio a volte si diverte a sconvolgerti i piani, ti fa imboccare strade che mai avresti pensato, ti porta in luoghi che tu non immagini.
La stabilità è data da un modo: il modo del discepolo che sta con Lui com-unque (non semplicemente dov-unque), a qualunque costo e in qualunque condizione.
Così anche il cuore impara una stabilità, una fermezza e una serenità: perchè "dovunque" sarà sempre "a casa".

2.10.07

angeli custodi..

CUSTODI
richiama l'impegno di "custodire", preservare, proteggere, difendere... anche rinchiudere? Perchè - per custodire qualcosa - occorre anche trattenerlo, nasconderlo, metterlo in cassaforte.
Però le letture suggeriscono che è una custodia per la libertà. Come conciliare il custodire con il lasciare libero? Curioso contrasto, intrigante provocazione, interessanti sviluppi.

Uno degli approfondimenti potrebbe essere riguardo al mio modo di vivere/sperimentare le relazioni con le persone.
La tentazione sarebbe quella di custodire le persone che mi sono care: tenerle a portata di mano, trat-tenerle, dominarle.. possederle. In nome di una custodia, di una malintesa affezione, di un nascosto latente egoismo in fondo.
Ma la libertà da salvaguardare mi porta a guardare oltre questa tentazione, a considerare la custodia in un modo altro (divino, evangelico). Per la libertà mia, prima di tutto: libertà del pastore/padre/custode dalla smania di possedere, gestire le persone affidate come se fossero cose o oggetti; trattenere con gelosia nomi, volti e storie come se fossero possedimenti personali, e non doni del Signore. Per la libertà altrui: libertà di essere chi si è veramente e non chi io ritenga meglio; libertà di seguire ognuno la propria vocazione senza condizionamenti..

1.10.07

in Russia e ritorno






Nemmeno lontanamente posso pensare di descrivere quello che ho visto in pochi giorni (ed è solo una minima parte della Grande Santa Russia): consiglio spassionatamente di farsi regalare da qualche benefattore un viaggio fin là per vedere di persona!



Provo lo stesso, però, a mettere giù qualche riga..

San Pietroburgo? Più di cinque milioni di abitanti, attraversata da un fiume (Neva) che prima di sfociare nel Golfo di Finlandia si suddivide in una miriade di canali, rendendo la città un reticolo di cento isole collegate da settecento ponti e ponticelli..

Capitale della Russia degli zar, punto d’incontro tra Oriente ed Occidente, custode di memorie gloriose, di ricchezze inestimabili (basta pensare a ciò che c’è nel solo Hermitage), doveva essere la finestra sull’Europa ma fu anche il punto di partenza della Rivoluzione d’Ottobre e della Rivoluzione del 1917.

Per un povero prete abituato alle distanze e agli spazi urbanistici standard della pianura padana, l’impatto è stato da togliere il fiato: in una qualsiasi delle piazze di San Pietroburgo ci starebbe comodamente tutto Casale Cremasco comprese le cascine…

Toglie il fiato anche l’impatto con l’atmosfera russa: onnipresente l’odore di cherosene, degli scappamenti di automobili anzianotte e malridotte, incolonnate in un traffico così caotico che a Roma non se lo sognano neanche.




Annoto (fra le tantissime cose che ricordo) una sola esperienza.

Una periferia anonima e quasi “normale”, un mattino piuttosto uggioso e freddo, la chiesa di una delle due sole parrocchie cattoliche in tutta la città, due frati francescani italiani che devono seguire anche altre attività fuori città (che per loro significa un centinaio abbondante di chilometri fuori città!).

La chiesa è bruttina ma sembra comunque una chiesa: entro nel portone e c’è una portineria; percorro un corridoio con diverse porte chiuse però, immagino, alla fine entrerò in una qualche navata; invece c’è una rampa di scale e, sopra, altre scale e altre porte.. quella che dall’esterno è una chiesa, all’interno è un condominio!

Concelebro la Messa nella vera chiesa, al quarto piano, un loft nemmeno tanto grande: pochi metri sopra di me la crociera della volta centrale è decorata con una semplice piatta croce di lampadine. Non ci sono gli ori e i colori solenni di ogni altra chiesa della città, ma solo una tempera grigia uniforme, con qualche tubo dipinto di azzurro che buca e attraversa i muri lisci. Non c’è il profumo dell’incenso ma l’odore stantio e un po’ scostante di ambienti chiusi e vecchi. Non ci sono marmi e stucchi ma intonaco liscio e uniforme e legno grezzo come pavimento. Ma l’intensità con cui ho vissuto quella celebrazione non ha paragone. Posso solo immaginare cosa sia avvenuto dentro e fuori quei muri (i frati ne hanno dato alcune immagini, da rabbrividire); quanto sia costato ai cristiani cattolici e ortodossi riconquistare i loro spazi sacri, resi ancora più sacri dal sangue versato nelle persecuzioni; quanto costi ancora oggi…

Troppe parole: non sono sociologo e capisco di non potermi addentrare in questi argomenti. Ma lì ho capito - più che altrove - cosa significhi veramente Corpo spezzato e Sangue versato.

Mosca? Quasi undici milioni di abitanti, sessanta teatri, quattromila biblioteche, cento musei… la collina del Cremlino, cuore della città, da cui partono a raggiera viali amplissimi che puntano in ogni direzione a loro volta collegati da un anello stradale, cerchio quasi perfetto composto da sedici corsie in pieno centro, quindici linee di metropolitana e non so quante fermate… i cosiddetti Grattacieli di Lenin, ognuno dei quali (800 appartamenti) può contenere tutta la gente di San Benedetto…

Ogni cosa a Mosca è così dilatata che non trovo parole adeguate per descrivere ciò che riesco a ricordare.

Il silenzio d’altronde è l’unico modo per gustare la santa e ortodossa Russia, quella delle cupole d’oro e dei monasteri, delle icone antichissime e bellissime custodite

nelle iconostasi o nei musei. Come fare a descrivere meraviglia, ammirazione e smarrimento tutto insieme? (ah, la Cattedrale dell’Assunzione del Cremlino…!)

È un’esperienza inquietante, nella grandezza e magnificenza del passato regime, nei contrasti a volte anche stridenti che passano davanti agli occhi… non per nulla il motivo più fischiettato tra noi era quello del film “Il compagno don Camillo” e la battuta più usata rispecchiava le parole di Peppone e dei suoi alle prese con il “punto x del programma, il prossimo è..”.

Ma è assolutamente da provare!